La disastrosa esondazione dei Laghi Neroniani di Subiaco –
20 Febbraio 1305.
Proponiamo la traduzione
dal Chronicon Sublacense di uno degli eventi più devastanti che hanno colpito la Valle
dell’Aniene negli ultimi mille anni: il crollo delle enormi dighe volute da Nerone
Imperatore attorno al 60 d.C. a sbarramento della stretta forra dell’Aniene. L’opera fu
ideata al fine di formare un paesaggio “nilotico ellenizzante”, intorno al quale Nerone
volle costruire una propria grandiosa residenza estiva. Le mire e la grandiosità del
progetto non hanno nulla da invidiare alla Domus Aurea di Roma. L’enorme capacità
costruttiva ed ingenieristica degli architetti di Nerone, riusci ad innalzare uno
sbarramento nei pressi dell’odierno Ponte di San Mauro alto più di 80 metri che doveva
contenere una pressione di milioni di metri cubi d’acqua. La grandiosa diga romana
resistette per oltre 1240 anni. L’opera valse all’Imperatore l’eterno riconoscimento dei
posteri abitanti della Valle. Ma in questo racconto lo scenario cambia, siamo nel pieno
medioevo, all’inizio del XIV secolo; l’enorme diga, messa a dura prova da una forte
nevicata, disciolta improvvisamente da un fortunale senza precedenti, improvvisamente
crolla. Nonostante l’intervento dei monaci di Santa Scolastica la tragedia fu enorme.
Lascio il racconto a P. D. Cherubino Mirzio che nella sua Cronaca Sublacense nel 1628
scrisse:
“L’ESONDAZIONE DEL LAGO:
Ora il conteggio dei nostri tempi deve retrocedere all’anno dal parto della Vergine
1305, per cui, vacante la sede abbaziale, nel giorno ventesimo di Febbraio, si abbatté la
più calamitosa e furiosa tempesta, che allora nessun uomo ricordava prima e che
nessuna memoria scritta riportava. Discese dai circostanti monti Simbruini, talmente
tanta acqua, che si dubita di aver mai sentito nei secoli passati un diluvio così pieno di
precipitazioni, formate da neve e ghiaccio (grandine, ndt). Infatti la lotta tra i venti fu sì
rabbiosa che in questa orribile tempesta, i vortici nevosi dai monti spazzarono con venti
obliqui i prati della Valle Santa, così che anche i fossi dei campi traboccavano di grandi
quantità di acqua corrente; in breve ovunque i campi si trasformarono in stagni, e i
tracciati stradali divennero irriconoscibili.
Tuttavia i monaci della santa Scolastica dubitando che a causa della prossima immensa
inondazione del fiume, potesse succedere qualcosa di più grave, per mezzo di due tra i
più coraggiosi tra i monaci illuminati, fecero sollevare alcune grandi pietre dal muro del
lago superiore, affinché l’impeto dell’inondazione delle acque defluisse più
velocemente. Però la potenza dell’inondazione fu così violenta che la diga non poté
sostenerla minimamente. Dunque inclinandosi dalla parte opposta (al lago, ndt) rovinò
a terra. La chiusa del lago inferiore subì quella violenza fintanto che, non potendo più
sopportare la potenza delle acque, fatta a pezzi crollò. Sprigionata, questa inondazione
non solo distrusse tutto ciò che incontrava, ma insieme ad alcuni edifici nello stesso
istante gettò a terra i forti ponti di pietre e in travi di legno; come il ponte di Pantanello
sradicato dalle fondamenta. Dallo stesso impeto furono scardinati dalle fondamenta,
anche i bei mulini di Mandra. Quindi il lago inondò con orribile fragore attraverso il
Sublacense la valle delCampo Varco (Campo d’Arco, ndt) e con la velocità della sua corsa
sommerse i contadini che lavoravano nei campi, tanto che non diede tempo a quei
miseri sorpresi dalla calamità, di scappare e rifugiarsi nei vicini luoghi in altura, a causa
dell’aumentata violenza dell’inondazione. Uomini e greggi che sostavano in gran
quantità in quei campi, perirono miseramente senza distinzione. A causa di questa
orrenda inondazione, per un tratto di molti stadi, la Valle dell’Aniene perse: le ville, le
proprietà, i frutteti e gli armenti che furono sommersi. In vero furono visti gli
antichissimi resti delle mura dall’una e dall’altra parte del lago e la menzione di
entrambi appare in un privilegio di papa Nicolò I. La forma e la maggior parte dei massi
che si vedono nel profondo della valle, nel luogo che si chiama Piedilago, dimostra quel
che è rimasto del muro superiore e quanto era stata la grandezza del lago. A
dimostrazione delle cose dette qua sopra basterà annettere questo pensiero: la Valle
Santa è detta quella attraverso cui si va dal Sacro Speco al castello di Jenne. Inoltre
questo nome è nato per la presenza dei dieci monasteri costruiti intorno al monte Taleo,
alle cui radici del monte giace quella valle in cui visse Benedetto Patriarca dei Santi
Monaci e insieme con i suoi discepoli peregrinò e passò assiduamente trentacinque
anni. Pertanto disperso il lago dall’una e dall’altra parte, la mole e la forza travolgente
delle acque esondate colpì nel mezzo il ponte di legno, posto sopra il fiume con
fortissime travi, e il costruito ponte di S. Antonio, detto Terello (vedi privilegio di papa
Giovanni X) per mezzo del quale da Subiaco si transitava alla chiesa di S. Lorenzo della
Piave, altrimenti detto “alle Acque Alte”, di cui si fa menzione frequente nei privilegi dei
Sommi Pontefici, è comune opinione che qui vi fosse la chiesa parrocchiale del villaggio
di Pianello Minore e Maggiore che fu del terribile prete Fiorenzo. Di Pianello Maggiore e
Minore fa menzione il Santo Gregorio nel secondo libro dei Dialogi nel capitolo nono, si
parla di questo villaggio anche nei privilegi di Giovanni X e Leone VII sommi pontefici.
Quella antichissima chiesa campestre di San Lorenzo, si legge che fu edificata da Narsio
nobilissimo Patrizio dell’Urbe sotto il pontificato di papa Damaso, nell’anno di Cristo 361
e fu dedicata nella seconda nona d’Agosto del nono anno indizionario, come si ha nel
vecchio Regesto a pagina 67. La chiesa di S. Lorenzo fu successivamente di proprietà di
Equizio, senatore dell’Urbe, padre di S. Mauro e secondo il diritto ereditario passò a S.
Benedetto come riporta S. Gregorio nel privilegio concesso ad Honorato abate di
Subiaco; e appare oggi al massimo della desolazione sotto la giurisdizione del Vescovo
Tiburtino. Similmente il ponte di Pantanello, detto anche di S. Angelo nei privilegi dei
Pontefici, dopo un po’ di tempo da quell’impeto del diluvio fu rifondato in quell’insigne
ponte di pietra con un unico fornice, per mezzo del quale si va da Subiaco al convento
dei frati minori di S. Francesco. Del tempo di quella costruzione tratteremo quando
parleremo dell’episcopato dell’Abate Ademari.”
L’importanza del passo per la ricostruzione topografica della Subiaco Medievale e Antica
è senza alcun dubbio fondamentale. Sono molteplici i luoghi presentati e individuabili
grazie a questa incredibile cronaca. Una tragedia immane, che portò via con se la vita di
innumerevoli contadini, intere famiglie e animali. L’eversione dei laghi trasformò del
tutto il paesaggio di Subiaco, rendendo irriconoscibili luoghi che fino a poco tempo
prima avevano avuto un aspetto consolidato da oltre un millennio.
(Traduzione dal latino di Paolo Rosati)
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